Stamattina mi sono svegliato convinto che ci fosse il sole e invece pioveva. Una ridotta delusione appena sveglio, delusione sciocca, delusione ininfluente sul corso della vita, ma pur sempre una nota fastidiosa appena destato.
Così mi sono buttato in doccia, ancora con gli occhi a fessura e l’incapacità di percepire qualsivoglia rumore nell’ambiente circostante, per riprendermi con la termoterapia e la magia mattutina del soffione, che in qualsiasi stagione dell’anno dona momenti di estremo relax al corpo umano. E in quel mentre, da solo con l’acqua calda che mi rianimava la schiena, ho iniziato a pensare.
Avete mai notato che il pensiero, nei momenti di relax prende forme e dinamiche molto più profonde, molto più serie? Come ad esempio quando sei sul lettino di una SPA e ti godi il silenzio assordante che la vita moderna ormai, troppe volte ci nega, nella quotidianità e nella frenesia del nostro vivere.
Oggi forse, per la prima volta, scriverò cose che non a tutti può far piacere leggere o che alcuni potrebbero giudicare falsamente morali o addirittura banali. Ma è ciò che sento, è ciò che esce dal mio calamaio. Ed è dunque ciò che andrete a leggere, se questo è lo scopo per cui siete su questa pagina.
Sotto la doccia ho pensato all’Angelus del Papa di ieri. Io non sono uomo di chiesa, nel senso che non sono un rigoroso praticante e ho una visione tutta mia della Chiesa e di Dio, che per me restano due concetti totalmente diversi e il secondo, a mio avviso, nulla condivide col primo, nella sua piena concezione di purezza e profondità. Ma al telegiornale, ogni domenica, fanno un sunto dell’Angelus del Papa e ieri, il mio omonimo (N.d.R. Peraltro eletto nel giorno del mio 33simo compleanno), ha detto una frase che per me ha una nota di colore indescrivibile e un’armonia di profumi incredibile, specie per il weekend di mia irrequietezza personale in cui ha pronunciato tali parole.
Papa Francesco è partito dal quinto comandamento del decalogo: «Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio» (vv. 21-22). Con questo, il Papa ci evidenzia come anche le parole possano uccidere. E lo ripete, portando ad esempio la lingua di serpente, modo di dire noto e utilizzato a caso nei tempi moderni, ma che in realtà significa proprio che la parola può devastare l’animo delle persone. Pertanto, non solo non bisogna attentare alla vita del prossimo, ma neppure riversare su di lui il veleno dell’ira o addirittura colpirlo con la calunnia. E nemmanco sparlare di lui. E ancora, arriva poi alle chiacchiere: le chiacchiere, pure, possono uccidere, perché uccidono la fama delle persone.
Insomma, al di là del mio fine settimana delineato da un umore nero, questo intervento mi ha fatto riflettere, mi ha fatto pensare a quante notizie escono sui giornali di suicidi per atti di bullismo o altri avvenuti a seguito di prese in giro pesanti, mi ha fatto pensare che nella vita a volte un minuto di silenzio in più toglierebbe parecchi problemi alla gente. Non dico sia semplice o sempre corretto farlo, dico solo che toglierebbe parecchi impicci a tutti.
Per questo, oggi, non parlerò di volley. E nemmeno ne sparlerò.
Oggi mi godrò una pausa pranzo con un sole appena uscito, che alle otto di stamattina mai avremmo pensato potesse splendere nei nostri cieli. E sia, che da una delusione, possa sempre nascere una calda giornata di sole.
Buona settimana a tutti i lettori del blog.
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