Le più belle storie d’amore iniziano sempre per caso, senza preavviso.
Scrivere di pallavolo è come scrivere di sé stessi. Troppo complicato, infatti, riuscire a scendere tanto nel profondo da riuscire a tirar fuori un pensiero coerente; un pensiero che riesca a spiegare cosa provano simultaneamente mente e cuore.
Da piccoli, quando le favole erano lontane da noi solo il palmo di una mano, vivevamo di speranze e di sogni, incuranti delle difficoltà della vita, degli ostacoli insormontabili, delle alte aspirazioni che sembravano irraggiungibili.
Ci sentivamo “spensierati” e credevamo – credevamo davvero – che un giorno tutto questo si sarebbe potuto realizzare, consapevoli che nei nostri occhi non ci sarebbe stato segno di sconfitta, ma una costante vittoria. Perché da bambino non ti interessano i soldi, le auto di lusso, una casa grande, l’esigenza di sentirti il numero uno. Ti interessa emozionarti, giocare.
Cos’è allora che ci ha spinto a varcare le soglie di una palestra? Da bambini le risposte non ci servivano, bisognava semplicemente sentire battere il cuore forte come il rumore di un treno in corsa. Vivere l’attimo in cui la palla rimbalza verso di te. Il momento in cui seguendola con gli occhi le lasci toccare i piedi e chinandoti con le braccia flesse verso di lei la raccogli. Hai lì, tra le mani, la convinzione che sia stata lei a sceglierti e non il contrario.
Sai già con certezza che il cammino che dovrai affrontare busserà alla porta della fatica e dei sacrifici; un percorso fatto di strade in salita, di percorsi ad ostacoli (quelle in cui dovrai anche saltare ed evitare così le difficoltà che ti crollano addosso), che supererai soltanto con la tua forza di volontà e delle tue gambe, contando solo su te stesso per poter arrivare in alto; ti aiuterai con le mani per superare i tuoi limiti e confrontarti con i migliori del mondo. Userai la testa e non giocherai solo per la tua gloria personale, non ti farai abbattere dai muri in faccia e dalle beffe dei tuoi avversari.
Ti girerai sorridente verso quel pubblico che ti dava per sconfitto e lo vedrai applaudire alle tue giocate, sentirai i cori da stadio che acclamano la tua squadra; ti accorgerai delle urla del coach per un’azione riuscita male, riderai con le tue compagne del rumore rimbombante di una schiacciata sul taraflex, riuscirai a notare dal campo la soddisfazione negli occhi dei tuoi genitori, consapevole che – una volta arrivata in cima – le tue vittorie saranno solo il frutto della tua passione e del tuo continuo impegno.
Saranno quelle emozioni a renderti viva. Non la gloria. Non ci sarà sempre spazio per i tuoi amici, per il tuo fidanzato; non arriverai quasi mai a finire i compiti e la maggior parte delle volte ti troverai distesa sul divano con il ghiaccio sopra qualche muscolo, ma ti sentirai soddisfatta. Soddisfatta di continuare a credere in ciò che fai.
Pallavolo, una parola che racchiude un intero mondo di esperienze, gioie, dolori, litigi, vittorie, drammi e sconfitte. Un universo che è sempre un brulicare di pettegolezzi, una massa di persone che si raccontano reciprocamente fatti accaduti ad altri atleti, allenatori, presidenti. Un universo in cui c’è gente che fa ti te un prodotto da vendere al miglior offerente per intascarsi i quattrini di ciò che vali, come se fosse soltanto merito loro il tuo continuo impegno fisico e psicologico per diventare qualcuno.
Un mondo in cui la mancata preparazione di un allenatore può svalutare il tuo talento e farti dimenticare il motivo per il quale ami tanto questo sport.
Questo è un palcoscenico in cui non vorrai essere altro che un attore protagonista e non una semplice comparsa. La pallavolo è di tutti, ma non è per tutti. Noi pallavolisti ci sentiamo, a volte, quasi degli abitanti di una città divina, perché soltanto così posso spiegare il dono meraviglioso che ci ha fatto Dio.
Praticare questo genere di sport non è semplice. E la sua tecnica non è paragonabile a quella di altre discipline. La velocità con cui devi essere contemporaneamente precisa, scaltra, opportunista non va oltre i cinque secondi. Devi essere un abile lettore degli schemi dell’altra squadra per vincere le partite. Non è una disciplina in cui basti essere fisicamente al massimo, l’ingegno e la fantasia sono il vero motore di tutto. La più grande difficoltà sta nel regolare in un campo di soli nove metri per nove tutti i movimenti e le cadute.
Questo è uno sport sano, dove ci piace definirci “malati” terminali. Malati … d’amore…
Tutto inizia con una scelta. Io ho scelto di essere una pallavolista. Tu cosa hai scelto?
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