Me lo ricordo bene
quel tuo sorriso buono, la barba un po’ incolta, il viso da ragazzone per
bene. Ricordo con affetto quei minuti in cui ci incrociavamo, il più delle
volte sul parquet del palazzetto, in cui mi stringevi calorosamente la mano e
mi chiedevi cosa ne pensavo del tuo e del mio gruppo e ci scambiavamo opinioni tecniche
ma, soprattutto, emotive/caratteriali sugli atleti che vivevamo in quel
momento.
Ricordo col sorriso
quando ci confrontavamo sulla classe dirigenziale della pallavolo, in modo
scherzoso ma armonico, arguto ma semplice. Quando ti schernivo con affetto,
dicendoti che la tua squadra vestiva come le squadre del campionato africano e
tu mi dicevi che mentre io vestivo bene, tu vincevi le partite.
Perché questa è la
pallavolo, parlare del nulla, o di tutto, per pochi minuti, scambiare alcune
battute, con un pallone in mano, prima di iniziare la cosa che più al mondo ci
piace vivere. E mentre hai un duello verbale con il tuo interlocutore, senza
nemmeno quasi accorgertene, annusi quel pallone, che sa di buono, che sa ti
tanto, che sa quasi di tutto; Lo annusi, perché in quell’odore unico e
meraviglioso ritrovi i campionati vinti, le retrocessioni, le grandi partite
dei playoff di serie B, le Final Four che hai raggiunto con squadre che non
erano fortissime, ma che erano formate da gruppi compatti e affamati di
risultato.
Gruppi che per
quanto avessero singoli atleti forti, per quanto avessero un contorno di agi e
privilegi, per quanto potessero avere una classe dirigenziale, da qualcuno
venivano pur armonicamente guidati: da quel direttore di orchestra che sapeva
coordinare caratteri di difficile gestione a limiti tecnici evidenti, talenti
acerbi a individualità importanti, momenti di forma con difficoltà fisiche
evidenti.
E lascia stare,
Mister, se a volte non piacciamo agli atleti. Io ci ho fatto il callo. Alcuni ti
adorano e ti portano in palmo di mano per sempre, molti ricordano un tuo
particolare accorgimento tecnico, una tua mania nell’allenamento, una tua correzione
tecnica o tattica e lo fanno con piacere, col sorriso a pieno volto; altri ti
odiano, altri ancora stanno in un limbo che mescola sopportazione a
indifferenza. Ma fa parte del gioco. La cosa che conta è cosa hai lasciato dentro
i loro cuori di atleti e di esseri umani.
E nel mio hai
lasciato un sorriso buono di un uomo che amava questo sport all’inverosimile,
come per la maggior parte di noi accade.
Ciao Mister, grazie
per il contributo importante che hai dato, a modo tuo per fortuna, alla
pallavolo. Ci mancherai, non tanto per dire, ma per davvero.
Con gli occhi
lucidi, il pugno sul petto e il profumo di quel pallone che annusavo mentre mi
parlavi…
Francesco
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