La citazione di questi tempi:

"Nel volley, come nella vita, le vere soddisfazioni derivano dal vivere nel presente ogni momento, nel bene e nel male. Una squadra, da buona, diventa grande quando ogni giocatore impara a fidarsi dei compagni, al punto che la parola IO viene sostituita dalla parola NOI"

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lunedì 16 novembre 2015

A volte scambiamo il sudore per sangue...ma il sangue resta sangue e si traduce in un brivido ghiacciato lungo la schiena


“Si vis pacem, para bellum”. Così recita il motto latino dei Cavalli di Razza. Me lo sono riletto sabato sulla maglia da gara, prima di indossarla e sinceramente l’ho trovato impegnativo e profondo come non mai.
Si perché seppur trattandosi di un motto antico (si parla di Platone e Vegezio, ma forse è ancora più antico), noi lo abbiamo ovviamente preso a prestito per applicarlo solo ed esclusivamente all’ambito sportivo. Per guerra intendiamo lo scontro agonistico, per pace intendiamo la soddisfazione di tornare a casa dopo un match combattuto fino all’ultimo sangue. Sangue figurato però, che si traduce in sudore. Ecco, si, scontro fino all’ultimo sudore, dove le armi sono il nostro corpo e un pallone.

E poi ti ritrovi a vivere un minuto di silenzio sul legno di un palazzetto freddo ed enorme, in cui quel silenzio diventa assordante nella tua testa e ti fa pensare. Un minuto che sembra un giorno. Un tempo interminabile in cui se mediti bene, ti vengono gli occhi lucidi. Un attimo devastante, in cui pensi “sarebbe potuto accadere a chiunque, me compreso; sarebbe potuto accadere a un mio caro”.
Io a Parigi ci sono stato sei volte, in quei posti ho assistito a una festa, ho visto una partita del PSG, ho partecipato a una festa musicale, ho mangiato in quei luoghi. Sarebbe potuto accadere a me. E sarebbe potuto accadere a te. E questo pensiero è devastante.

Non mi interessa, sinceramente, di che razza, religione o nazionalità fossero vittime, superstiti e attentatori.  Non mi interessa se la gente mette candele o bandiere solo per farsi notare o per gesti di solidarietà. Non mi interessa se questa volta abbiamo manifestato il nostro sdegno e altre cento volte non lo abbiamo fatto. Non mi interessa chi è più bravo tra Putin, Obama, Renzi o compagnia bella. Non mi interessa nulla di tutto ciò.

Mi interessa che sono morte delle persone “pulite” mentre vivevano un loro personalissimo momento “felice”. Mi interessa che c’è gente che si sveglia ogni mattina sentendo le bombe e i colpi di kalashnikov fuori dalla porta e che la sua guerra non ha avuto inizio o fine, semplicemente perché il suo paese è in guerra da 200 anni e lui/lei non ha potuto scegliere dove nascere; è semplicemente nato/a lì e vive le scelte dannate di altre persone scellerate, che tolgono a lui e ad altre migliaia di persone la libertà.

La libertà, che parola meravigliosa. Che concetto complicatissimo. Cos’è questa libertà? Dove la si trova? Dove si compera un chiletto di libertà, lo sapete? Di libertà, latini e filosofi hanno scritto e interloquito parecchio, da Cicerone a Bruto, da Kant a Spinoza, da Aristotele a Empedocle, da Eraclito a Democrito. E tutti hanno detto cose giustissime e stupende sulla libertà. Ma nessuno dove possiamo procurarcela.
Perché il vero problema sta nel fatto che se un soggetto decide che la sua libertà non ha confini, va a ledere la tua libertà e tanti saluti a te, ai tuoi amici, ai tuoi cari, a chi fa il tifo allo stadio, a chi balla al teatro, a chi mangia una pizza, a chi non ha mai fatto male ad anima viva, a chi non ha mai nemmeno detto una parolaccia in vita sua e figuriamoci una bestemmia, a chi si credeva libero e invece è carne da macello, alla mercé di pochi prepotenti che pensano di conquistare il mondo.

E allora “si vis pacem, para bellum” mi fa venire i brividi. Anche se è solo sport. Anche se io ho combattuto sabato, fino all’ultima goccia di sudore, contro un ginocchio che non ne voleva sapere di fare cinque set, contro un nemico che si chiama morale e spesso colpisce me e i miei compagni, contro un avversario che tante lacrime sportive mi ha portato via negli anni scorsi … lacrime che messe a confronto con quel minuto di silenzio, fanno solo ridere. Ridere per quanto sciocchi riusciamo ad essere a volte nella vita, dando importanza a vere e proprie facezie.

E allora brava Zané, siete sempre una squadra ostica, anche se per 5 set vi abbiamo fatto sudare pure a voi. E bravi noi, che nonostante siamo partiti in sordina, stiamo crescendo. E bravo al padrone della pizzeria, che ci ha fatto festa e fare festa fuori dal suo locale.

Bravi Cavalli di Razza, restate liberi, giocate liberi, liberate la mente dai pensieri negativi, che per tre set su cinque siamo stati una signora squadra, contro una compagine che lo scorso anno giocava in B2.

Bravi Cavalli liberi, continuate ad allenarvi e a fare gruppo, che "hard work pays off". Sempre!


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