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SI VIS PACEM, PARA BELLUM...
Il Motto dei Cavalli Latini
Si vis pacem, para bellum...
Si vis pacem, para bellum...
La citazione di questi tempi:
"Nel volley, come nella vita, le vere soddisfazioni derivano dal vivere nel presente ogni momento, nel bene e nel male. Una squadra, da buona, diventa grande quando ogni giocatore impara a fidarsi dei compagni, al punto che la parola IO viene sostituita dalla parola NOI"
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giovedì 24 dicembre 2015
venerdì 27 novembre 2015
Ciao Mister Migliorini...
Me lo ricordo bene
quel tuo sorriso buono, la barba un po’ incolta, il viso da ragazzone per
bene. Ricordo con affetto quei minuti in cui ci incrociavamo, il più delle
volte sul parquet del palazzetto, in cui mi stringevi calorosamente la mano e
mi chiedevi cosa ne pensavo del tuo e del mio gruppo e ci scambiavamo opinioni tecniche
ma, soprattutto, emotive/caratteriali sugli atleti che vivevamo in quel
momento.
Ricordo col sorriso
quando ci confrontavamo sulla classe dirigenziale della pallavolo, in modo
scherzoso ma armonico, arguto ma semplice. Quando ti schernivo con affetto,
dicendoti che la tua squadra vestiva come le squadre del campionato africano e
tu mi dicevi che mentre io vestivo bene, tu vincevi le partite.
Perché questa è la
pallavolo, parlare del nulla, o di tutto, per pochi minuti, scambiare alcune
battute, con un pallone in mano, prima di iniziare la cosa che più al mondo ci
piace vivere. E mentre hai un duello verbale con il tuo interlocutore, senza
nemmeno quasi accorgertene, annusi quel pallone, che sa di buono, che sa ti
tanto, che sa quasi di tutto; Lo annusi, perché in quell’odore unico e
meraviglioso ritrovi i campionati vinti, le retrocessioni, le grandi partite
dei playoff di serie B, le Final Four che hai raggiunto con squadre che non
erano fortissime, ma che erano formate da gruppi compatti e affamati di
risultato.
Gruppi che per
quanto avessero singoli atleti forti, per quanto avessero un contorno di agi e
privilegi, per quanto potessero avere una classe dirigenziale, da qualcuno
venivano pur armonicamente guidati: da quel direttore di orchestra che sapeva
coordinare caratteri di difficile gestione a limiti tecnici evidenti, talenti
acerbi a individualità importanti, momenti di forma con difficoltà fisiche
evidenti.
E lascia stare,
Mister, se a volte non piacciamo agli atleti. Io ci ho fatto il callo. Alcuni ti
adorano e ti portano in palmo di mano per sempre, molti ricordano un tuo
particolare accorgimento tecnico, una tua mania nell’allenamento, una tua correzione
tecnica o tattica e lo fanno con piacere, col sorriso a pieno volto; altri ti
odiano, altri ancora stanno in un limbo che mescola sopportazione a
indifferenza. Ma fa parte del gioco. La cosa che conta è cosa hai lasciato dentro
i loro cuori di atleti e di esseri umani.
E nel mio hai
lasciato un sorriso buono di un uomo che amava questo sport all’inverosimile,
come per la maggior parte di noi accade.
Ciao Mister, grazie
per il contributo importante che hai dato, a modo tuo per fortuna, alla
pallavolo. Ci mancherai, non tanto per dire, ma per davvero.
Con gli occhi
lucidi, il pugno sul petto e il profumo di quel pallone che annusavo mentre mi
parlavi…
Francesco
lunedì 16 novembre 2015
A volte scambiamo il sudore per sangue...ma il sangue resta sangue e si traduce in un brivido ghiacciato lungo la schiena
“Si vis pacem, para bellum”. Così
recita il motto latino dei Cavalli di Razza. Me lo sono riletto sabato sulla
maglia da gara, prima di indossarla e sinceramente l’ho trovato impegnativo e
profondo come non mai.
Si perché seppur trattandosi di un motto antico (si
parla di Platone e Vegezio, ma forse è ancora più antico), noi lo abbiamo
ovviamente preso a prestito per applicarlo solo ed esclusivamente all’ambito
sportivo. Per guerra intendiamo lo scontro agonistico, per pace intendiamo la
soddisfazione di tornare a casa dopo un match combattuto fino all’ultimo
sangue. Sangue figurato però, che si traduce in sudore. Ecco, si, scontro fino
all’ultimo sudore, dove le armi sono il nostro corpo e un pallone.
E poi ti ritrovi a vivere un
minuto di silenzio sul legno di un palazzetto freddo ed enorme, in cui quel
silenzio diventa assordante nella tua testa e ti fa pensare. Un minuto che
sembra un giorno. Un tempo interminabile in cui se mediti bene, ti vengono gli
occhi lucidi. Un attimo devastante, in cui pensi “sarebbe potuto accadere a
chiunque, me compreso; sarebbe potuto accadere a un mio caro”.
Io a Parigi ci
sono stato sei volte, in quei posti ho assistito a una festa, ho visto una
partita del PSG, ho partecipato a una festa musicale, ho mangiato in quei
luoghi. Sarebbe potuto accadere a me. E sarebbe potuto accadere a te. E questo
pensiero è devastante.
Non mi interessa, sinceramente,
di che razza, religione o nazionalità fossero vittime, superstiti e
attentatori. Non mi interessa se la
gente mette candele o bandiere solo per farsi notare o per gesti di solidarietà.
Non mi interessa se questa volta abbiamo manifestato il nostro sdegno e altre
cento volte non lo abbiamo fatto. Non mi interessa chi è più bravo tra Putin, Obama,
Renzi o compagnia bella. Non mi interessa nulla di tutto ciò.
Mi interessa che sono morte delle
persone “pulite” mentre vivevano un loro personalissimo momento “felice”. Mi
interessa che c’è gente che si sveglia ogni mattina sentendo le bombe e i colpi
di kalashnikov fuori dalla porta e che la sua guerra non ha avuto inizio o
fine, semplicemente perché il suo paese è in guerra da 200 anni e lui/lei non
ha potuto scegliere dove nascere; è semplicemente nato/a lì e vive le scelte
dannate di altre persone scellerate, che tolgono a lui e ad altre migliaia di
persone la libertà.
La libertà, che parola
meravigliosa. Che concetto complicatissimo. Cos’è questa libertà? Dove la si
trova? Dove si compera un chiletto di libertà, lo sapete? Di libertà, latini e
filosofi hanno scritto e interloquito parecchio, da Cicerone a Bruto, da Kant a
Spinoza, da Aristotele a Empedocle, da Eraclito a Democrito. E tutti hanno
detto cose giustissime e stupende sulla libertà. Ma nessuno dove possiamo
procurarcela.
Perché il vero problema sta nel fatto che se un soggetto decide che
la sua libertà non ha confini, va a ledere la tua libertà e tanti saluti a te,
ai tuoi amici, ai tuoi cari, a chi fa il tifo allo stadio, a chi balla al
teatro, a chi mangia una pizza, a chi non ha mai fatto male ad anima viva, a
chi non ha mai nemmeno detto una parolaccia in vita sua e figuriamoci una
bestemmia, a chi si credeva libero e invece è carne da macello, alla mercé di
pochi prepotenti che pensano di conquistare il mondo.
E allora “si vis pacem, para
bellum” mi fa venire i brividi. Anche se è solo sport. Anche se io ho
combattuto sabato, fino all’ultima goccia di sudore, contro un ginocchio che
non ne voleva sapere di fare cinque set, contro un nemico che si chiama morale
e spesso colpisce me e i miei compagni, contro un avversario che tante lacrime
sportive mi ha portato via negli anni scorsi … lacrime che messe a confronto
con quel minuto di silenzio, fanno solo ridere. Ridere per quanto sciocchi
riusciamo ad essere a volte nella vita, dando importanza a vere e proprie facezie.
E allora brava Zané, siete sempre
una squadra ostica, anche se per 5 set vi abbiamo fatto sudare pure a voi. E
bravi noi, che nonostante siamo partiti in sordina, stiamo crescendo. E bravo
al padrone della pizzeria, che ci ha fatto festa e fare festa fuori dal suo
locale.
Bravi Cavalli di Razza, restate
liberi, giocate liberi, liberate la mente dai pensieri negativi, che per tre
set su cinque siamo stati una signora squadra, contro una compagine che lo
scorso anno giocava in B2.
Bravi Cavalli liberi, continuate
ad allenarvi e a fare gruppo, che "hard work pays off". Sempre!
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