Pallavolo Mussolente vs. N.C.C. Fresko Intrepida 3-1 (19-25, 25-22, 25-19, 25-21)
N.C.C. Fresko Intrepida: n. 1 Pozzani (pt. 11), n. 2 Alloro (lib.), n. 3 Oliveri F. (pt. 2), n. 4 Modena (pt. 3), n. 5 My (pt. 4), n. 7 Martinelli (2° lib. - n.e.), n. 8 Marchi (pt. 6), n. 9 Fasoli (pt. 15), n. 10 Alberti (pt. 2), n. 11 Castagnini (pt. 2), n. 12 Cestaro (pt. 2), n. 13 Olivieri L. (K) (pt. 3) - All. Ambrosi Claudio – Scoutman: Garbin Chiara
Assenti: nessuno
M.V.P. =Pozzani Francesco
Giochi, vinci. Giochi, perdi.
Giochi. Ti metti in gioco.
Nella storia dello sport, le sconfitte e le vittorie si sono sempre altalenate nei tabellini dei risultati di chi scendeva in campo. In alcuni sport accade sovente, in altri il dato è meno variabile. Potremmo guardare le grandissime, Modena, Treviso, oppure in casa nostra, Marmi Lanza, Isola, Montorio: nessuna squadra storica ha vinto e convinto sempre.
Ma la costante resta. Giochi, vinci. Giochi, perdi. Ma ti metti in gioco.
Si perché l’obiettivo è giocare, nel senso di mettersi in gioco; dunque il senso è che ognuno faccia il suo, che ognuno ci metta il suo 100%. Non dico che l’importante è partecipare, perché questa è una piccola verità nella storia dell’onore dell’uomo, ma asserisco con certezza che chi non partecipa è l’unico che non perde mai e che bisogna sempre tener ben focalizzati gli obiettivi.
E gli obiettivi li stabilisce chi mette in piedi il gioco, chi lo predispone, chi lo regola, chi lo finanzia, chi fa in modo che per mesi e mesi il gioco non si rompa e vada avanti.
Se ci pensiamo bene è sempre una questione di prospettive, di quale è il punto da cui si guardano le cose. Voglio dire, magari io attacco una veloce, col preciso obiettivo di fare punto e di vincere la partita. Magari anche faccio bene, remo nella direzione giusta, ma alimento un obiettivo stabilito, che forse non conosco o non condivido, che va oltre la semplice partita vinta. Magari la mia veloce non va giù, non faccio il punto, non vinco la partita (stiamo parlando per assurdo, so bene che la partita non la può vincere un singolo giocatore). Non ho raggiunto il mio obiettivo, ma forse c’è un obiettivo più nobile a monte, da me non stabilito, che comunque viene rispettato, da altri attori, da altre dinamiche.
Quando ero piccolo e giocavo a tennis, per un paio di anni mi avevano iscritto come under 14 ai tornei, anche se in realtà ancora non ero un under 12. Ricordo che prendevo la mia racchettina da tennis, mi facevo la borsa, salivo in macchina con mio padre e mia madre e andavo a giocare. Sapevo bene che mi avrebbero preso a pallate, non partivo volentieri da casa: gli altri tiravano più forte di me, erano più alti e urlavano di più quando colpivano la pallina. Ma se mi chiedete se quei giorni ho perso, vi risponderò di no, perché non mi sento di aver perso. Si, ho perso la partita, ma cavoli ho vinto, perché giocavo e ogni tanto facevo punto contro i grandi, contro i più bravi. E prendevo consapevolezza che nella vita non sempre si vince, non sempre si ottiene quello che si vuole. E diventavo più forte, di testa, di cuore e tecnicamente.
Certo, questo esempio non calza a pennello con noi, anche se per alcuni forse qualche sconfitta serve, per rimboccarsi le maniche, per comprendere che è bello parlare e dire cosa non va, è bello essere ascoltati, ma è molto più bello fare concretamente qualcosa per portare a casa la vittoria e l’obiettivo.
Il nostro obiettivo a livello di risultati, non è vincere il campionato, è la salvezza. Il nostro obiettivo nobile, invece, a livello di etica, non è vincere contro i più forti, è far crescere i giovani che quest’anno sono inseriti in prima squadra, quali indubbi potenziali talenti da regalare al volley veronese. E magari portare su ogni tanto qualcuno dalla seconda squadra.
Vi assicuro che come scelta è molto più semplice pagare gente forte che vinca le partite, piuttosto che puntare sul far giocare i giovani e rischiare di perderne qualcuna. Noi abbiamo scelto la seconda via, quella lungimirante, quella per costruire. Insieme. Insieme si vince, insieme si perde, insieme si costruisce qualcosa di grande. E comunque anche avessimo scelto la prima via, avremmo preso parole perché paghiamo la gente e siamo una squadra di mercenari e pon-ci pon-ci popopo…
Io vi aspetto tutti al varco, a fine anno, quando tireremo la riga delle somme e vedremo cosa veramente è stato fatto. Se vedete ad oggi solo una coppa andata male e una partita di campionato su quattro vinte, siete persone piccole, indegne di uno sport bello e pulito come il volley. Senza offese, ma questo non è il calcio, è pallavolo.
Poi nelle dinamiche della partita, del nervosismo, ci sta il palleggio che se la prende col libero, ingiustamente, ci sta il centro che se la prende col palleggio, ingiustamente, ci sta la banda che non mette già la palla perché difendono alla morte, ci sta l’opposto che non gira. Ci sta anche il dirigente che ha paura della serie negativa. Ci sta tutto, è il volley, non sarebbe così bello sennò. Ma quando stiamo insieme stiamo bene? Siamo migliorati dalla prima partita? Possiamo migliorare ancora molto? Stiamo bene?
Si, si, si, si. Questo ci serve, il si come risposta. E tanto lavoro.
Non so perché scrivo queste cose, ma a volte mi sembra che non siano chiare. A volte leggo negli occhi delle persone una richiesta di vincere, vincere, vincere. Come se fossi io che decido quando, come e dove vincere. Se così fosse, non avrebbe quel sapore dolce la vittoria e la sconfitta non brucerebbe tanto nelle ferite di guerra.
Mi spiace per chi ha iniziato quest’anno a seguirci, ma chi c’è da anni (e grazie, sia ai giocatori, che ai dirigenti, che soprattutto al tifo, che per noi è un lusso in più) sa che nelle ultime 4 stagioni le vittorie sono state parecchie, i campionati vinti anche. Ora è tempo di costruire per il futuro, di fare qualcosa per la pallavolo. E finché vedo scendere in campo al sabato sera, Alloro, Alberti, Marchi, Bonazzi, Olivieri, Martinelli e lo stesso My, significa che l’obiettivo lo stiamo seguendo.
Le vittorie arriveranno, malfidenti. Le vittorie arriveranno.
A volte quando perdi in verità vinci, a volte quando vinci in verità perdi.
E non importa quante volte vinci o perdi, conta solo quanto hai le palle di metterti in gioco.
Ah, per quanto riguarda la partita, abbiamo giocato bene il primo set e loro male. Abbiamo smesso di giocare gli altri e loro sono cresciuti, soprattutto in difesa. Loro punto di forza: il bar all'interno del palazzetto. Loro punto di debolezza: uno dei giocatori più brutti da vedere nella storia della pallavolo. Ma hanno vinto, bravi loro. Che sia merito del bar o del giocatore che fa paura? Chi lo sa...
Giochi. Ti metti in gioco.
Nella storia dello sport, le sconfitte e le vittorie si sono sempre altalenate nei tabellini dei risultati di chi scendeva in campo. In alcuni sport accade sovente, in altri il dato è meno variabile. Potremmo guardare le grandissime, Modena, Treviso, oppure in casa nostra, Marmi Lanza, Isola, Montorio: nessuna squadra storica ha vinto e convinto sempre.
Ma la costante resta. Giochi, vinci. Giochi, perdi. Ma ti metti in gioco.
Si perché l’obiettivo è giocare, nel senso di mettersi in gioco; dunque il senso è che ognuno faccia il suo, che ognuno ci metta il suo 100%. Non dico che l’importante è partecipare, perché questa è una piccola verità nella storia dell’onore dell’uomo, ma asserisco con certezza che chi non partecipa è l’unico che non perde mai e che bisogna sempre tener ben focalizzati gli obiettivi.
E gli obiettivi li stabilisce chi mette in piedi il gioco, chi lo predispone, chi lo regola, chi lo finanzia, chi fa in modo che per mesi e mesi il gioco non si rompa e vada avanti.
Se ci pensiamo bene è sempre una questione di prospettive, di quale è il punto da cui si guardano le cose. Voglio dire, magari io attacco una veloce, col preciso obiettivo di fare punto e di vincere la partita. Magari anche faccio bene, remo nella direzione giusta, ma alimento un obiettivo stabilito, che forse non conosco o non condivido, che va oltre la semplice partita vinta. Magari la mia veloce non va giù, non faccio il punto, non vinco la partita (stiamo parlando per assurdo, so bene che la partita non la può vincere un singolo giocatore). Non ho raggiunto il mio obiettivo, ma forse c’è un obiettivo più nobile a monte, da me non stabilito, che comunque viene rispettato, da altri attori, da altre dinamiche.
Quando ero piccolo e giocavo a tennis, per un paio di anni mi avevano iscritto come under 14 ai tornei, anche se in realtà ancora non ero un under 12. Ricordo che prendevo la mia racchettina da tennis, mi facevo la borsa, salivo in macchina con mio padre e mia madre e andavo a giocare. Sapevo bene che mi avrebbero preso a pallate, non partivo volentieri da casa: gli altri tiravano più forte di me, erano più alti e urlavano di più quando colpivano la pallina. Ma se mi chiedete se quei giorni ho perso, vi risponderò di no, perché non mi sento di aver perso. Si, ho perso la partita, ma cavoli ho vinto, perché giocavo e ogni tanto facevo punto contro i grandi, contro i più bravi. E prendevo consapevolezza che nella vita non sempre si vince, non sempre si ottiene quello che si vuole. E diventavo più forte, di testa, di cuore e tecnicamente.
Certo, questo esempio non calza a pennello con noi, anche se per alcuni forse qualche sconfitta serve, per rimboccarsi le maniche, per comprendere che è bello parlare e dire cosa non va, è bello essere ascoltati, ma è molto più bello fare concretamente qualcosa per portare a casa la vittoria e l’obiettivo.
Il nostro obiettivo a livello di risultati, non è vincere il campionato, è la salvezza. Il nostro obiettivo nobile, invece, a livello di etica, non è vincere contro i più forti, è far crescere i giovani che quest’anno sono inseriti in prima squadra, quali indubbi potenziali talenti da regalare al volley veronese. E magari portare su ogni tanto qualcuno dalla seconda squadra.
Vi assicuro che come scelta è molto più semplice pagare gente forte che vinca le partite, piuttosto che puntare sul far giocare i giovani e rischiare di perderne qualcuna. Noi abbiamo scelto la seconda via, quella lungimirante, quella per costruire. Insieme. Insieme si vince, insieme si perde, insieme si costruisce qualcosa di grande. E comunque anche avessimo scelto la prima via, avremmo preso parole perché paghiamo la gente e siamo una squadra di mercenari e pon-ci pon-ci popopo…
Io vi aspetto tutti al varco, a fine anno, quando tireremo la riga delle somme e vedremo cosa veramente è stato fatto. Se vedete ad oggi solo una coppa andata male e una partita di campionato su quattro vinte, siete persone piccole, indegne di uno sport bello e pulito come il volley. Senza offese, ma questo non è il calcio, è pallavolo.
Poi nelle dinamiche della partita, del nervosismo, ci sta il palleggio che se la prende col libero, ingiustamente, ci sta il centro che se la prende col palleggio, ingiustamente, ci sta la banda che non mette già la palla perché difendono alla morte, ci sta l’opposto che non gira. Ci sta anche il dirigente che ha paura della serie negativa. Ci sta tutto, è il volley, non sarebbe così bello sennò. Ma quando stiamo insieme stiamo bene? Siamo migliorati dalla prima partita? Possiamo migliorare ancora molto? Stiamo bene?
Si, si, si, si. Questo ci serve, il si come risposta. E tanto lavoro.
Non so perché scrivo queste cose, ma a volte mi sembra che non siano chiare. A volte leggo negli occhi delle persone una richiesta di vincere, vincere, vincere. Come se fossi io che decido quando, come e dove vincere. Se così fosse, non avrebbe quel sapore dolce la vittoria e la sconfitta non brucerebbe tanto nelle ferite di guerra.
Mi spiace per chi ha iniziato quest’anno a seguirci, ma chi c’è da anni (e grazie, sia ai giocatori, che ai dirigenti, che soprattutto al tifo, che per noi è un lusso in più) sa che nelle ultime 4 stagioni le vittorie sono state parecchie, i campionati vinti anche. Ora è tempo di costruire per il futuro, di fare qualcosa per la pallavolo. E finché vedo scendere in campo al sabato sera, Alloro, Alberti, Marchi, Bonazzi, Olivieri, Martinelli e lo stesso My, significa che l’obiettivo lo stiamo seguendo.
Le vittorie arriveranno, malfidenti. Le vittorie arriveranno.
A volte quando perdi in verità vinci, a volte quando vinci in verità perdi.
E non importa quante volte vinci o perdi, conta solo quanto hai le palle di metterti in gioco.
Ah, per quanto riguarda la partita, abbiamo giocato bene il primo set e loro male. Abbiamo smesso di giocare gli altri e loro sono cresciuti, soprattutto in difesa. Loro punto di forza: il bar all'interno del palazzetto. Loro punto di debolezza: uno dei giocatori più brutti da vedere nella storia della pallavolo. Ma hanno vinto, bravi loro. Che sia merito del bar o del giocatore che fa paura? Chi lo sa...
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